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Decimo dono: pregare il sacrificale.
3) Venga il tuo Regno sacrificale: il mio peccare cosciente,
un segno profeticale: mi dice che non si vince, ma si
scioglie col sacrificale suo fatto mio. Lo faccio mio:
a) con l’Agente Figliale
b) Eliminando i motivi egoisticali del mio non voler
peccare.
c) Mi vuol salvare da pericoli gravi del non peccare.
d) Vuol farmi pronto l’impianto coscienziale del mio
sacrificale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Al suo Gesù si accosta pregandolo, e vuole che
facciamo altrettanto col nostro. Quando pregate, voi dite:
Padre nostro. Unica preghiera sacrificale tutta da fare. Bene
appellato: Padre nostro. Bene collocato: che sei nei cieli.
Bene augurato: sia santificato il tuo nome (profanato). Bene
perorato: Venga il tuo Regno. Che Regno? Il tuo Regno
sacrificale: solo il sacrificale può santificare il suo nome
profanato. Nel suo Regno vi abbiamo scorto il suo sacrificale,
che originato dall’alto, si colloca nel basso delle sue
creature. Nell’umana consegue un sacrificale d’essere o di
origine che lo pone in uno stato di profanazione. Il sacrificale
di origine segue quello di azione: dall’essere al fare:
passaggio automatico per lo più incosciente: due sacrificali
che non entrano nella mia perorazione.
Vi entra il suo sacrificale di azione cosciente: è il mio peccare
cosciente. Non lo desidero, anzi lo vorrei bandire dalle
mie azioni. Non lo invito, anzi lo detesto. Non mi dispongo,
anzi mi armo contro. Non gli sono devoto, anzi cerco di
resistere accanitamente. Se non lo voglio, come mai allora
lo prego con tutta la mia forza: ‘Venga il tuo Regno’: il mio
peccare cosciente? Il mio peccare è un segno: che io non
voglio, ma il Padre sì, perché ama piccolare e perché vuol
farlo parlare. Cosa gli vuol far dire? Varie cose, e tutte
importanti assai. Mi dice:
Per non peccare non basta non volere (non vogliamo, ma
pecchiamo); meno ancora basta pregare il Padre perché mi
dia vittoria sul peccato. Il peccare non si vince, ma lo si
scioglie; è la morte dell’amore da mandare in metamorfosi
con un solo mezzo: ed è il sacrificale.
E lo si scioglie unicamente quando mi approprio del suo
sacrificale, può diventare mio. Uno scioglimento non facile
dal momento che devono compiersi varie condizioni:
1) Il Padre col perdurare del mio peccare cosciente mi
vuol convincere che non sono solamente io, ma con me
deve agire lo Pneuma Figliale. Lui è l’Agente della vita
Figliale, ma non entra a fare da coagente. Se l’avessimo
a conoscere, ad amicare, saremmo cogenti. Su di
Lui il Padre ha impegnato la sua fedeltà di ascolto.
2) Mi vuol sciogliere i motivi egoisticali che alimentano il
mio non voler peccare: il rimorso di coscienza, la vergogna
di fronte agli altri, la paura del castigo di Dio, le
conseguenze fisiche di un certo peccare. Un solo motivo
ha la sua approvazione: il dolore per il male che mi
faccio all’amore.
3) Mi vuole preservare da pericoli fatali: io mi posso vantare
di una mia vittoria sul peccato; io mi posso ubriacare
di una santità raggiunta che mi ottenga la stima e
la esaltazione della mia comunità. Per difendermi da
tali pericoli insidiosi il Padre tiene per sé il sacrificale
del mio peccare e pur vuole che io non desista dal tentativo
di appropriarmi del suo sacrificale.
4) Finchè non me lo cede vuol dire che non c’è ancora pronto
l’impianto per il sacrificale; occorre che io mi dia una
coscienza del sacrificale così vasta, profonda e perfetta da
poter gestire il suo sacrificale. È allora che io mi nego il
piacerale: quello del mangiare, del vestire, del sessuare,
dell’amicare, del vivere e dell’appropriare, dopo d’aver
lanciato al Padre il mio grido di efficienza piena: Padre, a
me la morte, perché viviamo del tuo amore sacrificale. Il
mio peccare cosciente: segno che accetto perché mi parla
e mi dice ciò che mi manca per fare mio il suo sacrificale.

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