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Decimo dono: pregare il sacrificale facendo.
Venga il nostro sacrificale fisico.
3) Richiesta: Quanto mi vieni a costare.
In commercio il costo consegue al valore di una cosa.
Costo del sacrificale è il dolore: fisico e morale.
a) Fisico: è un costo dolorante fisico. Dà valore al
sacrificale: un mezzo. Sacrificale e dolore programmati,
personali, non commutabili. Da riconciliare
col sacrificale e quindi con la vita. Tutta roba donata
dal Padre per il bene mio.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Cristo e il cristiano si accostano pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale, da dire e da fare.
Bene appellato e collocato. Bene augurato e bene perorato:
Venga il tuo Regno sacrificale: temporale e eternale;
col tuo venga pure il nostro: il cosmico, l’inimicale, il bellico,
il fisico.
Venga il nostro sacrificale fisico. Assegnato alla forma
potenziale data alla vita, ad essa effettivamente unito, da
Satana affettivamente smembrato, dal cristiano ricomposti
in unità, mediante quell’amore sacrificale che si può recuperare
solo mediante conoscenze visuate che facciamo
fluire da quattro richieste: sacrificale fisico:
1) Cosa mi vuoi dire
2) Cosa mi vuoi fare. Siamo ora alla terza:
3) Quanto mi vieni a costare?
Il verbo costare è di uso abituale: in un esercizio, a una bancarella,
a un supermarket, voi lo raccogliete dalla bocca di
tutti gli acquirenti: quanto costa, qual è il suo prezzo? Il
costo suppone sempre una cosa di valore ed è conseguente
ad esso. Prima c’è una cosa di valore vario: vale poco, vale
molto, vale moltissimo. Il quel valore si determina il prezzo.
Il prezzo versato forma il suo costo. Questo al sacrificale
fisico abbiamo domandato: quanto mi vieni a costare?
Già, bisogna prima individuare il costo. Qual è il costo del
sacrificale? Il costo del sacrificale è dato dal dolore.
a) C’è un dolore che inerisce alla vita fisica e allora
parliamo di dolore fisico.
b) Il dolore che inerisce alla vita morale e allora parliamo
di dolore morale.
I due dolori sono talmente differenti da esigere una trattazione
separata:
1) Facciamo parola del dolore fisico. Il dolore fisico è il
primo costo del sacrificale fisico. Per specificarlo bene
lo chiamo: il costo dolorante fisico.
È vario: può essere poco, può essere molto, può essere
moltissimo. È un costo singolare. Infatti in commercio:
il costo è dato e regolato dal valore che ha una merce:
costa quanto vale. Nel sacrificale è il costo che regola
il valore: è il dolore che dà valore al sacrificale: il poco
dolore, dà poco valore; il molto ne dà molto; il moltissimo
ne dà moltissimo. Il costo dolorante, è lui che dà
valore al sacrificale: lo avvalora. Il dolore è della categoria
dei mezzi: è un mezzo che mi occorre per dare
valore al mio sacrificale fisico.
Il dolore non è dunque fine a se stesso, ma si dispone a
totale servizio del mio sacrificale fisico. Per questo le qualità
dell’uno valgono anche per l’altro.
1) Sacrificale e suo dolore (inseparabili) sono ambedue
programmati con programmazione vitale. Il mio corpo
mi dà tutto il dolore che mi deve dare, nulla di più. E
quello che mi dà non può non darmelo. Naturalezza e
normalità sono le sue qualità.
2) Sacrificale e suo dolore sono strettamente personali. La
cessione non è possibile: un complimento inutile quello
di chi desidera prendersi il dolore di un altro: Se
potessi lenire un po’ del tuo dolore.
La permuta neppure è possibile: non ci si può scambiare
il dolore. Il corpo è ben definito e delimitato, non
ammette alcuna comunicazione; è individuale; è rigorosamente
personale.
Tutto questo per aiutarci a riconciliarci col dolore. Infatti,
come Satana ci ha smembrato il sacrificale della vita e ce
lo ha fatto odiare, così e più ancora l’ha fatto col dolore.
Amiamo egoisticamente la vita e odiamo ferocemente il
dolore come nemico, come se non fosse roba nostra. Il
dolore e il sacrificale sono roba mia: il tutto assegnato al
Padre perché mi faccia un gran bene. Avvalora perché
vale.

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